lunedì 20 aprile 2009

Pinar...

.........queste dunque le tre cose che rimangono: La fede, la speranza e la carità; ma di tutte la più grande è la carità! " (S.Paolo ap.)

Delle storie ascoltate dalla mamma, una non riesco a dimenticarla.

Finita la guerra, al sud nulla di nuovo: Povertà e ingiustizie erano le stesse, bambini e vecchi morivano ancora per mali oramai vinti nel resto del mondo, contadini, operai e artigiani se volevano sopravvivere, DOVEVANO emigrare.

Papà e mamma scelsero la Francia.

Coi soldi dei nonni pagarono il biglietto del treno sino a Susa, col resto la guida che doveva accompagnarli con altri emigranti, a notte sulle montagne cercando di evitare le guardie di frontiera, italiane e francesi.
Papà passò, la mamma non ce la fece.
C'era con lei mio fratello maggiore che aveva allora quattro anni, si nascosero invano nelle cunette e nei fossi tra la neve, corsero nei sentieri a loro sconosciuti con altri disperati, non ebbero però fortuna.
Catturati furono ricondotti a Susa, e qui tenuti in caserma sino al ritorno forzato al paese di provenienza.

La storia continua, ma la fermo qui.

E' una vicenda che rivivo spesso nel dramma dei tanti migranti, che muoiono nelle acque tra Libia e Sicilia, o di quelli nei campi di accoglienza di Lampedusa e dintorni.
Mi fa male il cuore vedere quei volti illuminati dai flash e dalle luci delle telecamere che ce li portano in casa, nell'ora di pranzo o cena.

Rivedo nelle loro paure quella di mia madre che fugge col figlioletto di quattro anni sulle spalle, inseguita come in una battuta di caccia senza scampo, perchè la preda è la più debole, e non trova rifugio in un mondo di cacciatori che non conoscono di lei null'altro se non il suo essere preda.

Pensando alla vicenda degli uomini, donne e bambini, imbarcati sulla nave turca PINAR, e del vergognoso rimbalzarseli come esseri di nessun valore, tra autorità maltesi e italiane, mi chiedo se abbia ancora un senso per quei responsabili politici definirsi CRISTIANI.
Ci indignamo per il velo portato dalle donne musulmane, per i Crocifissi rimossi e per i presepi annullati, dimenticando ciò che dice a noi tutti S. Paolo: Se non avessi la carità, io non sono nulla!




Un proverbio arabo dice:

venerdì 17 aprile 2009

Mattini

C'erano mattine che dalle coste su per la collina, portato dal mare, saliva in paese un profumo di sabbia e di schiuma, entrava poi nelle case che a primavera avevano tutte, le finestre aperte, e mi svegliava prima che dalla campana della vicina chiesa, arrivassero i rintocchi della prima messa.
Con la sabbia e la schiuma entrava nei sogni che non volevo ancora lasciare, l'odore degli ulivi che presto sarebbero stati in fiore e a maggio avuto il frutto.
La strada di sotto pian piano prendeva voce e vita, dimenticando il buio e la notte appena finita, e prima che il sole sorgesse del tutto, perchè la luce era un tesoro da non sciupare, uomini e donne scendevano le coste del colle e la campagna riprendeva a vivere.
Dopo un pò la strada cambiava padrone, col passo lieve e lo scialle ancora sulle spalle, donne in nero e vecchi dagli occhi tristi coi bastoni in legno di quercia, andavano in chiesa accompagnati dal cinguettìo continuo dei passerotti che già si rincorrevano corteggiandosi.
Noi bambini lasciati i lettucci dai materassi di foglie di granturco, proprio all'ultimo richiamo della campana che chiamava gli scolari alle classi, indossavamo il grembiule nero e il colletto bianco dal fiocco blù, e si correva alla scuola tutto d'un fiato....pregustando già la caccia del pomeriggio a passerotti e lucertole, che tormentavamo, e forse è per questo che oggi provo tenerezza per loro.
A volte quando vivo questo Tempo passato, provo a vedermi bambino, e come in un flash che non riesci ad afferrare, vedo un viso magro e chiaro, occhi scuri, capelli chiarissimi e un "boccolo" che scende sulla fronte...Mio Dio, sarò io?
Comunque sia la figura che vedo mi commuove, se non altro per il Dono avuto dell'adolescenza, e di quei giorni ancora belli da rivivere.

giovedì 9 aprile 2009

Nella notte in cui fu tradito...

Quand'ero bambino primavera arrivava presto, e con essa Pasqua.
Ricordo nel cielo, allora di un celeste limpido, macchie scure che lo solcavano e un garrire continuo che correva di tetto in tetto: Erano le rondini, che sempre, appena l'aria scaldava, e le ciliege coi loro fiori bianchi interrompevano il verde scuro degli ulivi, tornavano.

Pasqua.... ma prima c'è il Venerdì Santo.

In quelle strade dove l'unica ricchezza erano le buone braccia per la terra, e le donne e gli uomini per firmare apponevano una croce in fondo alle carte, regnava il silenzio.
Era un silenzio che nasceva dalla tristezza per quella morte sul monte Calvario, tristezza perchè con il Cristo moriva una parte di ognuno di loro, chi altri avrebbe donato parole di bontà, perdono, carità, speranza.
L'umanità rimane senza il Padre e ognuno è smarrito nel sapersi solo, e allora c'è il silenzio che è commozione e dolore che accompagnerà l'agonìa del Dio che muore.

Quella strada che sempre era piena di voci e canti, che le radio ad alto volume diffondevano continuamente, diventava improvvisamente silenziosa.
Le radio rimanevano spente, donne e uomini in quel Venerdì non cantavano ridevano, tutti aspettavano la Pasqua per tornare a gioire per il ritorno delle rondini, e della campagna che finalmente era tutta in fiore.

Quando chiedevo il perchè di quel silenzio, mamma mi diceva: Ma non senti? Oggi neanche gli uccellini cantano, è morto Gesù.

E' morto Gesù....non possiamo cantare.

Quanta delicatezza, e tenerezza in quelle parole, sono felice di averle ricordate.

venerdì 3 aprile 2009

Pensando a...Tintarella

L'amore è tra i sentimenti quello che prima di altri apprendiamo, e l'amore dei bambini ha un unico indirizzo: I genitori.
Il loro amore diventa il nostro, a volte lo viviamo tanto intensamente da soffrirne sino al dolore.
E' bello stare a guardarli mentre si fanno coccole e sorrisi, correre poi da loro e abbracciarli, sentire il loro odore e le risa che scaldano il nostro piccolo corpo che ancora non conosce odio o rabbia. Quello verrà dopo, e ci sorprenderà sino a lasciarci storditi e senza fiato, increduli, perchè il fallimento, la disillusione, quell'aria che respiriamo e che pare l'attimo che precede e annuncia il temporale, quel vedere l'amore creduto infrangibile, diventare fragile cristallo, diventerà la nostra sconfitta.
Dove sono, ci chiederemo, dove sono quelle carezze ricevute a quattro mani, i salti in aria e le capriole sul lettone, dove sono le mani da stringere quando si ha paura, e le voci conosciute quando il sonno non veniva e tutto ci sembrava vuoto senza quel suono rassicurante?

La sconfitta però, sarà nostra solo sino a quando non ameremo di un NOSTRO amore.
Solo allora cominceremo a capire, che l'amore "Quello che strappa i capelli", può essere vissuto soltanto da noi stessi.

L'amore come tutti i sentimenti e come la vita stessa dell'uomo, nasce, cresce, vive, invecchia, e a volte muore.
Ecco, la morte di un amore può solo dispiacerci, non sorprenderci, perchè questa è una eventualità assolutamente naturale.
Si, a noi fa male, perchè è il nostro amore che muore e il dolore è solo nostro, noi vegliamo, noi piangiamo, noi avvertiamo la perdita di qualcuno che portavamo nel cuore e che credevamo nostro per sempre, e che ora pare solo un soffio di vento ne caldo ne freddo, e mai neppure vissuto con noi.

L'errore grande, è quello di pensare che l'amore non esiste perchè altri, non l'hanno trovato.
Si, da tanti è stato smarrito, non solo per colpe, ma perchè forse, questo è il destino dell'uomo: Vivere ed essere contemporaneamente protagonista e comparsa, attore nel grande film della vita che è dramma e farsa...prendere o lasciare.

Viviamo senza paure l'amore, se e quando verrà, perchè se ci hanno sorpreso rabbia e delusione,
ancor di più ci sorprenderà l'amore, sapendo però che ogni uomo ha la propria strada, diversa da quella di ogni altro uomo.